Lettura Orante della Parola di Dio

Benvenuto alla pagina dedicata alla Lettura Orante della Parola di Dio. Qui sotto trovi schede di approfondimento, ma se desideri puoi trovare l‘appuntamento settimanale qui e le registrazioni audio qui. # 2 link mancanti

Approfondimento n. 1
Conferenza Episcopale Italiana
Il Volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia
Nota pastorale, Roma 30 maggio 2004, n. 13

Non si tratta però soltanto di esercitare ospitalità. Occorre anche assumere un atteggiamento di ricerca. Cercare i dispersi, azione che connota il pastore e la pastorale, significa provocare la domanda dove essa tace e contrastare le risposte dominanti quando suonano estranee o avverse al Vangelo. Una delle difficoltà più evidenti che la cultura diffusa pone al cristianesimo è quella di spegnere la domanda sulle questioni essenziali della vita, per le quali anche oggi Nicodemo andrebbe alla ricerca di Gesù (cfr Gv 3,1-15). La parrocchia deve fuggire la tentazione di chiudersi in se stessa, paga dell’esperienza gratificante di comunione che può realizzare tra quanti ne condividono l’esplicita appartenenza.

Oltre questa tentazione sta il dovere di attrezzarsi culturalmente in modo più adeguato, per incrociare con determinazione lo sguardo spesso distratto degli uomini e delle donne d’oggi. Anche in questo caso, più che di iniziative si ha bisogno di persone, di credenti, soprattutto di laici credenti che sappiano stare dentro il mondo e tra la gente in modo significativo. Laici credenti «di forte personalità», come dice il Concilio.

A nulla però varrebbe accogliere e cercare se poi non si avesse nulla da offrire. Qui entra in gioco l’identità della fede, che deve trasparire dalle parole e dai gesti. Il “successo” sociale della parrocchia non deve illuderci: ne andrebbero meglio verificati i motivi, avendo buone ragioni per ritenere che non tutti potrebbero qualificarsi per sé come evangelici. Lo stesso vale per certe esperienze comunitarie, in cui si avverte lo slittamento dalla spiritualità al sostegno psicologico. Occorre tornare all’essenzialità della fede, per cui chi incontra la parrocchia deve poter incontrare Cristo, senza troppe glosse e adattamenti. La fedeltà al Vangelo si misura sul coerente legame tra fede detta, celebrata e testimoniata, sull’unità profonda con cui è vissuto l’unico comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, sulla traduzione nella vita dell’Eucaristia celebrata. Quando tutto è fatto per il Signore e solo per lui, allora l’identità del popolo di Dio in quel territorio diventa trasparenza di Colui che ne è il Pastore.

Per giungere a questa purezza di intendimenti e atteggiamenti è necessario che si coltivi con più assiduità e fedeltà l’ascolto di Dio e della sua Parola. Solo i discepoli della Parola sanno fare spazio nella loro vita alla mitezza dell’accoglienza, al coraggio della ricerca e alla consapevolezza della verità. Non si può oggi pensare una parrocchia che dimentichi di ancorare ogni rinnovamento, personale e comunitario, alla lettura della Bibbia nella Chiesa, alla sua frequentazione meditata e pregata, all’interrogarsi su come farla diventare scelta di vita. Chi, soprattutto attraverso la lectio divina, scopre l’amore senza confini con cui Dio si rivolge all’umanità, non può non sentirsi coinvolto in questo disegno di salvezza e farsi missionario del Vangelo. Ogni parrocchia dovrà aprire spazi di confronto con la Parola di Dio, circondandola di silenzio, e insieme di riferimento alla vita.

Possono apparire eccessive, e forse anche troppo esigenti, queste attenzioni che riteniamo necessarie per dare un volto missionario alla parrocchia. Esse comportano fatica e difficoltà, però anche la gioia di riscoprire il servizio disinteressato al Vangelo. Ma attraverso di esse si può giungere a condividere le felicità e le sofferenze di ogni creatura umana. Una condivisione sostenuta dalla «speranza [che] non delude» (Rm 5,5). Perché la speranza cristiana ha questo di caratteristico: essere
speranza in Dio. È Dio il fondamento della nostra speranza e anche del nostro impegno a rinnovare la parrocchia, perché possa testimoniare e sappia diffondere la speranza cristiana nella vita quotidiana. Questa proiezione escatologica, verso un traguardo che è oltre la nostra storia umana, è ciò che, alla fine, dà senso alla vita della parrocchia. In essa si riconosce un segno, tra le case degli uomini, di quella casa che ci attende oltre questo tempo, «la città santa», «la dimora di Dio con gli uomini » (Ap 21,2-3), là dove il Padre vuole tutti raccogliere come suoi figli.

 

Approfondimento n. 2
DALL’ ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE
VERBUM DOMINI
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
ALL’EPISCOPATO, AL CLERO, ALLE PERSONE CONSACRATE E AI FEDELI LAICI SULLA PAROLA DI DIO
NELLA VITA E NELLA MISSIONE DELLA CHIESA
30 settembre 2010
(n. 1; 72; 86 e 87)

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INTRODUZIONE
1. LA PAROLA DEL SIGNORE rimane in eterno.
E questa è la Parola del Vangelo che vi è stato annunziato » (1Pt 1,25; cfr Is 40,8). Con questa espressione della Prima Lettera di san Pietro, che riprende le parole del profeta Isaia, siamo posti di fronte al mistero di Dio che comunica se stesso mediante il dono della sua Parola. Questa Parola, che rimane in eterno, è entrata nel tempo. Dio ha pronunciato la sua eterna Parola in modo umano; il suo Verbo «si fece carne » (Gv 1,14). Questa è la buona notizia. Questo è l’annunzio che attraversa i secoli, arrivando fino a noi oggi. La XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, celebratasi in Vaticano dal 5 al 26 ottobre 2008, ha avuto come temaLa Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. È stata un’esperienza profonda di incontro con Cristo, Verbo del Padre, che è presente dove due o tre si trovano riuniti nel suo nome (cfr Mt 18,20). Con questa Esortazione apostolica postsinodale accolgo volentieri la richiesta dei Padri di far conoscere a tutto il Popolo di Dio la ricchezza emersa nell’assise vaticana e le indicazioni espresse dal lavoro comune. (Cfr Propositio 1)
In questa prospettiva intendo riprendere quanto elaborato dal Sinodo, tenendo conto dei documenti presentati: iLineamenta, l’Instrumentum laboris, le Relazioni ante e post disceptationem e i testi degli interventi, sia quelli letti in aula sia quelli in scriptis, le Relazioni dei Circoli Minori e le loro discussioni, il Messaggio finale al Popolo di Dio e soprattutto alcune proposte specifiche (Propositiones), che i Padri hanno ritenuto di particolare rilievo. In tal modo desidero indicare alcune linee fondamentali per una riscoperta, nella vita della Chiesa, della divina Parola, sorgente di costante rinnovamento, auspicando al contempo che essa diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale.

LA PAROLA DI DIO NELLA VITA ECCLESIALE
Incontrare la Parola di Dio nella sacra Scrittura

72. Se è vero che la liturgia è il luogo privilegiato per la proclamazione, l’ascolto e la celebrazione della Parola di Dio, è altrettanto vero che quest’incontro deve essere preparato nei cuori dei fedeli e soprattutto da questi approfondito ed assimilato. Infatti, la vita cristiana è caratterizzata essenzialmente dall’incontro con Gesù Cristo che ci chiama a seguirLo. Per questo il Sinodo dei Vescovi ha più volte ribadito l’importanza della pastorale nelle comunità cristiane come ambito proprio in cui percorrere un itinerario personale e comunitario nei confronti della Parola di Dio, così che questa sia veramente a fondamento della vita spirituale.
Insieme ai Padri sinodali esprimo il vivo desiderio affinché fiorisca «una nuova stagione di più grande amore per la sacra Scrittura da parte di tutti i membri del Popolo di Dio, cosicché dalla loro lettura orante e fedele nel tempo si approfondisca
il rapporto con la persona stessa di Gesù ».(Propositio 9)
Non mancano nella storia della Chiesa raccomandazioni da parte dei Santi sulla necessità di conoscere la Scrittura per crescere nell’amore di Cristo. Questo è un dato particolarmente evidente nei Padri della Chiesa. San Girolamo, grande «innamorato» della Parola di Dio, si domandava: «Come si potrebbe vivere senza la scienza delle Scritture, attraverso le quali si impara a conoscere Cristo stesso, che è la vita dei credenti?».(Epistula 30, 7: CSEL 54, p. 246) Era ben cosciente che la Bibbia è lo strumento «con cui ogni giorno Dio parla ai credenti». (ID., Epistula 133, 13: CSEL 56, p. 260) Così egli consiglia la matrona romana Leta per l’educazione della figlia: «Assicurati che essa studi ogni giorno qualche passo della Scrittura … Alla preghiera faccia seguire la lettura, e alla lettura la preghiera… Che invece dei gioielli e dei vestiti di seta, essa ami i Libri divini ».(ID., Epistula 107, 9.12: CSEL 55, pp. 300.302)
Vale per noi quello che ancora san Girolamo scriveva al sacerdote Nepoziano: «Leggi con molta frequenza le divine Scritture; anzi, che il Libro Santo non sia mai deposto dalle tue mani. Impara qui quello che tu devi insegnare». (ID., Epistula 52, 7: CSEL 54, p. 426)  Sull’esempio del grande Santo, che dedicò la vita allo studio della Bibbia e che donò alla Chiesa la sua traduzione latina, la cosiddetta Vulgata, e di tutti i Santi, che hanno posto al centro della loro vita spirituale l’incontro con Cristo, rinnoviamo il nostro impegno ad approfondire la Parola che Dio ha donato alla Chiesa; potremo tendere così a quella «misura alta della vita cristiana ordinaria», (GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 31: AAS 93 (2001), 287-288 auspicata dal Papa Giovanni Paolo II all’inizio del terzo millennio cristiano, che si alimenta costantemente nell’ascolto della Parola di Dio.

Lettura orante della sacra Scrittura e «lectio divina»
86. Il Sinodo è tornato più volte ad insistere sull’esigenza di un approccio orante al testo sacro come elemento fondamentale della vita spirituale di ogni credente, nei diversi ministeri e stati di vita, con particolare riferimento alla lectio divina. (Cfr Propositiones 9.22) La Parola di Dio, infatti, sta alla base di ogni autentica spiritualità cristiana. Con ciò i Padri sinodali si sono messi in sintonia con quanto afferma la Costituzione dogmatica Dei Verbum: «Tutti i fedeli … si accostino volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l’approvazione e a cura dei Pastori della Chiesa, lodevolmente oggi si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera ».(N. 25) La riflessione conciliare intendeva riprendere la grande tradizione patristica che ha sempre raccomandato di accostare la Scrittura nel dialogo con Dio. Come dice sant’Agostino: «La tua preghiera è la tua parola rivolta a Dio. Quando leggi è Dio che ti parla; quando preghi sei tu che parli a Dio». (Enarrationes in Psalmos, 85, 7: PL37, 1086)
Origene, uno dei maestri in questa lettura della Bibbia, sostiene che l’intelligenza delle Scritture richieda, più ancora che lo studio, l’intimità con Cristo e la preghiera. Egli è convinto, infatti, che la via privilegiata per conoscere Dio sia l’amore, e che non si dia un’autentica scientia Christi senza innamorarsi di Lui. Nella Lettera a Gregorio il grande teologo alessandrino raccomanda: «Dedicati alla lectio delle divine Scritture; applicati a questo con perseveranza. Impegnati nella lectio con l’intenzione di credere e di piacere a Dio. Se durante lalectio ti trovi davanti a una porta chiusa, bussa e te l’aprirà quel custode, del quale Gesù ha detto: “Il guardiano gliela aprirà”. Applicandoti così alla lectio divina, cerca con lealtà e fiducia incrollabile in Dio il senso delle Scritture divine, che in esse si cela con grande ampiezza. Non ti devi però accontentare di bussare e di cercare: per comprendere le cose di Dio ti è assolutamente necessaria l’oratio. Proprio per esortarci ad essa il Salvatore ci ha detto non soltanto: “Cercate e troverete”, e “Bussate e vi sarà aperto”, ma ha aggiunto: “Chiedete e riceverete”».(ORIGENE, Epistola ad Gregorium, 3: PG 11,92)
Tuttavia, a tale proposito, si deve evitare il rischio di un approccio individualistico, tenendo presente che la Parola di Dio ci è data proprio per costruire comunione, per unirci nella Verità nel nostro cammino verso Dio. È una Parola che si rivolge a ciascuno personalmente, ma è anche una Parola che costruisce comunità, che costruisce la Chiesa. Perciò il testo sacro deve essere sempre accostato nella comunione ecclesiale. In effetti, «è molto importante la lettura comunitaria, perché il soggetto vivente della Sacra Scrittura è il Popolo di Dio, è la Chiesa… la Scrittura non appartiene al passato, perché il suo soggetto, il Popolo di Dio ispirato da Dio stesso, è sempre lo stesso, e quindi la Parola è sempre viva nel soggetto vivente.
Perciò è importante leggere la sacra Scrittura e sentire la sacra Scrittura nella comunione della Chiesa, cioè contutti i grandi testimoni di questa Parola, cominciando dai primi Padri fino ai Santi di oggi, fino al Magistero di oggi ». (BENEDETTO XVI, Discorso agli alunni del Seminario Romano Maggiore (19 febbraio 2007): AAS 99 (2007), 253-254)
Per questo nella lettura orante della sacra Scrittura il luogo privilegiato è la liturgia, in particolare l’Eucaristia, nella quale, celebrando il Corpo e il Sangue di Cristo nel Sacramento, si attualizza tra noi la Parola stessa. In un certo senso la lettura orante, personale e comunitaria, deve essere sempre vissuta in relazione alla celebrazione eucaristica. Come l’adorazione eucaristica prepara, accompagna e prosegue la liturgia eucaristica, (Cfr ID., Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 66: AAS 99 (2007), 155-156) così la lettura orante personale e comunitaria prepara, accompagna ed approfondisce quanto la Chiesa celebra con la proclamazione della Parola nell’ambito liturgico. Mettendo in così stretta relazione lectio e liturgia si possono cogliere meglio i criteri che devono guidare questa lettura nel contesto della pastorale e della vita spirituale del Popolo di Dio.

87. Nei documenti che hanno preparato ed accompagnato il Sinodo si è parlato di diversi metodi per accostare con frutto e nella fede le sacre Scritture. Tuttavia l’attenzione maggiore è stata data alla lectio divina, che è davvero «capace di schiudere al fedele il tesoro della Parola di Dio, ma anche di creare l’incontro col Cristo, parola divina vivente ». (Messaggio finale, III, 9)  Vorrei qui richiamare brevemente
i suoi passi fondamentali: essa si apre con la lettura (lectio) del testo, che provoca la domanda circa una conoscenza autentica del suo contenuto: che cosa dice il testo biblico in sé? Senza questo momento si rischia che il testo diventi solo un pretesto per non uscire mai dai nostri pensieri. Segue, poi, la meditazione (meditatio) nella quale l’interrogativo è: che cosa dice il testo biblico a noi? Qui ciascuno personalmente, ma anche come realtà comunitaria, deve lasciarsi toccare e mettere in discussione, poiché non si tratta di considerare parole pronunciate nel passato, ma nel presente. Si giunge successivamente al momento della preghiera (oratio) che suppone la domanda: che cosa diciamo noi al Signore in risposta alla sua Parola? La preghiera come richiesta, intercessione, ringraziamento e lode, è il primo modo con cui la Parola ci cambia. Infine, la lectio divina si conclude con la contemplazione (contemplatio) durante la quale noi assumiamo come dono di Dio lo stesso suo sguardo nel giudicare la realtà e ci domandiamo: quale conversione della mente, del cuore e della vita chiede a noi il Signore? San Paolo nella Lettera ai Romani, afferma: « Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto » (12,2). La contemplazione, infatti, tende a creare in noi una visione sapienziale della realtà, secondo Dio, e a formare in noi «il pensiero di Cristo» (1Cor 2,16). La Parola di Dio si presenta qui come criterio di discernimento: essa è « viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore » (Eb 4,12). È bene poi ricordare che la lectio divina non si conclude nella sua dinamica fino a quando non arriva all’azione (actio), che muove l’esistenza credente a farsi dono per gli altri nella carità.
Questi passaggi li troviamo sintetizzati e riassunti in modo sommo nella figura della Madre di Dio. Modello per ogni fedele di accoglienza docile della divina Parola, Ella «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (L c 2,19; cfr 2,51), sapeva trovare il nodo profondo che unisce eventi, atti e cose, apparentemente disgiunti, nel grande disegno divino. (Cfr ibidem)
Vorrei richiamare, inoltre, quanto è stato raccomandato durante il Sinodo circa l’importanza della lettura personale della Scrittura anche come pratica che prevede la possibilità, secondo le abituali disposizioni della Chiesa, di acquistare l’indulgenza per sé o per i defunti.(«Plenaria indulgentia conceditur christifi deli qui Sacram Scripturam, iuxta textum a competenti auctoritate adprobatum, cum veneratione divino eloquio debita et ad modum lectionis spiritalis, per dimidiam saltem horam legerit; si per minus tempus id egerit indulgentia erit partialis»: PAENITENTIARIA APOSTOLICA, Enchiridion Indulgentiarum. Normae et concessiones (16 luglio 1999), 30, § 1) (Si concede l’indulgenza plenaria al fedele che legge la Sacra Scrittura, in un testo approvato dalla competente autorità, con la venerazione dovuta alla Parola divina e a modo di lettura spirituale, per almeno mezz’ora; se la lettura dura un tempo inferiore, l’indulgenza è parziale).  La pratica dell’indulgenza (Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1471-1479) implica la dottrina degli infiniti meriti di Cristo, che la Chiesa, come ministra della redenzione, dispensa e applica, ma implica anche quella della comunione dei santi e ci dice «quanto intimamente siamo uniti in Cristo gli uni con gli altri e quanto la vita soprannaturale di ciascuno possa giovare agli altri». (PAOLO VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina (1 gennaio 1967): AAS 59 (1967), 18-19) In questa prospettiva, la lettura della Parola di Dio ci sostiene nel cammino di penitenza e di conversione, ci permette di approfondire il senso dell’appartenenza ecclesiale e ci sostiene in una familiarità più grande con Dio. Come affermava sant’Ambrogio: quando prendiamo in mano con fede le sacre Scritture e le leggiamo con la Chiesa, l’uomo torna a passeggiare con Dio nel paradiso. (Cfr Epistula 49, 3: PL 16, 1204 A).