Chiesa Monumentale S.Agostino

Via Cavour
Mondolfo

Non lontano dal varco di Porta S. Maria, appena fuori dalla mura del Castello di Mondolfo, sorge ilComplesso Monumentale di S. Agostino, dall’ampio convento e con la maestosa Chiesa di S. Maria – che, appunto, alla Porta dà il nome – ma da tutti meglio conosciuta semplicemente come Sant’Agostino.

La Chiesa doveva già esistere sul finire del ‘200 quando, alla fine del secolo, vi giunsero gli Agostiniani. Probabilmente provenivano dalla loro comunità eremitica presente nella vicina Piaggiolino, in territorio di Monterado, la quale il 24 maggio 1291 vendeva tutti i suoi beni all’eremo di Fonte Avellana. Non è da escludere che sia stato lo stesso Comune di Mondolfo a mettere a disposizione degli agostiniani la Chiesa di S. Maria, tant’è che questa rimase sempre la chiesa di rappresentanza della Comunità mondolfese. Del resto, l’ubicazione della chiesa – appena fuori dalle mura del Castello e non costretta dagli angusti spazi della città murata – ben si addiceva con lo spirito di un ordine mendicante desideroso di edificare una chiesa con un’aula capace di contenere l’intera popolazione del luogo, con annessi chiostri ed orti: si aveva pure la possibilità di vivere in stretto contatto con gli abitanti del contado oltre ad offrire migliore accoglienza a viandanti e pellegrini. Non per nulla nella Chiesa – il cui convento nel corso del Trecento aveva già costituito un primo nucleo fondiario con appezzamenti di terreno sia a Mondolfo che San Costanzo – già nel 1427 è attestata la presenza di una cappella dedicata a S. Antonio Abate, protettore appunto dei pellegrini, dove Gigliolo da Parma vi dipingeva un affresco per conto di donna Bella, vedova di Allevuccio Mencoli e sua figlia Antonia. La munifica committenza privata, che caratterizzerà sempre S. Agostino unitamente ai numerosi lasciti testamentari fatti al convento, testimoniano il forte attaccamento della Comunità mondolfese verso questo luogo, e di qui va certo spiegato l’interessamento del Comune di Mondolfo nel 1466 verso la ricostruzione della chiesa, danneggiata dalle varie guerre del periodo, ed i cui lavori erano stati affidati ad Antonio di Pietro da Vercelli, abitante in Mondolfo, capomastro già impiegato da Sigismondo Pandolfo Malatesta per la ricostruzione di Senigallia. Il convento gode un periodo di grande splendore, segnato dalla celebrazione nei suoi locali dei capitoli provinciali degli agostiniani negli anni 1490 e 1530 e dalla decisione di ampliare la Chiesa. La licenza di Francesco Maria I della Rovere è del 1528 ma ben più tardi prenderanno avvio i lavori. Nel 1586 mastro Domenico del fu Giacomo da Como è incaricato di condurre gli interventi, che iniziano il 2 giugno di quell’anno per terminare nel 1593 quando Mons. Angelo Peruzzi, Vescovo di Sarsina e nativo di Mondolfo, consacrava la chiesa dedicandola alla Madonna “del Soccorso”. Il Comune ha offerto 100.000 mattoni per l’ampliamento del tempio, ed ora le famiglie più in vista della nobiltà cittadina fanno a gara per adornare i propri altari presenti in Sant’Agostino con opere realizzate dai più illustri maestri del loro periodo: dalla Bottega di F.Barocci, a G.Francesco Guerrieri, C.Ridolfi, G.Cialdieri, così come G.Presutti, A.Tiarini e S.Ceccarini. Si apre così una stagione edilizia che durerà sino al finire del Settecento. Nel 1641 è infatti la volta di radicali lavori al convento ed al campanile, ancora in corso nel 1650 e condotti sotto la direzione di fra Giovanni Battista Gaggia da Fano; nel 1726 si abbellisce la facciata del tempio con l’aggiunta di tre eleganti portali, nel 1732 si costruisce la cappella dedicata a S. Nicola da Tolentino mentre, nel 1760, è l’abside ad essere rifatta. Nel 1780, come ricorda una lapide posta nel chiostro, è l’intero convento a subire complessivi lavori edilizi.

L’avvento del nuovo secolo, però, dà avvio al declino della grandezza del convento, a causa delle ripetute soppressioni perpetrate dai diversi governi succedutisi allo Stato pontificio e con la chiusura definitiva avvenuta ad opera del neonato Regno d’Italia nel 1861.

L’attiguo spazio conventuale – a cui si accede attraverso due ingressi, quello Maggiore e quelloNapoleonico, il primo risalente all’impianto originale del monumento, ed il secondo voluto all’epoca del Bonaparte per assicurare una diversa destinazione degli spazi, ormai soppresso il Convento – è denotato da due ampi cortili, il seicentesco chiostro, sui cui due lati sono visibili lunette affrescate (sec. XVII) con scene della vita di S. Agostino, ed il cortile del lavoro, presso il quale avevano sede i magazzini. La torre campanaria ospita un concerto di cinque campane, la cui melodiosità di suono è proverbiale in tutta la vallata. Oggi numerosi spazi del complesso conventuale sono adibiti a funzioni culturali, trovandovi pure sede il Salone Aurora ed il Salone S. Agostino (quest’ultimo ricavato nell’antico refettorio) , oltreché il Museo Civico ed altri spazi per convegni, mostre ed incontri.

Alessandro Berluti